Fiat 682 N2 autoscala
Nel 1952 la Fiat, per rispettare le normative imposte dal nuovo codice della strada entrato in vigore in quello stesso anno, mise in produzione il mezzo pesante Fiat 682 in sostituzione del vecchio modello 680. La prima serie, contraddistinta dalla lettera N, fu presentata nella versione autocarro 4x2 (quattro ruote di cui due motrici) da 14 tonnellate, seguita l’anno successivo dalla versione 6x2 (sei ruote di cui due motrici) proposta anche in versione trattore (quest’ultima contrassegnata dalla lettera T anziché N). Tuttavia, sebbene le caratteristiche tecniche si dimostrarono sin da subito all’avanguardia, il mezzo raggiunse un più alto indice di gradimento ed una larghissima diffusione con la seconda serie, la N2, caratterizzata da una cabina più moderna e dotata di una calandra la cui foggia particolare guadagnò al veicolo il nomignolo di “Baffo”. Ben presto il 682 N2 divenne uno degli autocarri più apprezzati al mondo per affidabilità e prestazioni meccaniche e non a caso fu soprannominato “Re dell’Africa” (ancora oggi autocarri di questo tipo, grazie alla loro robustezza ed affidabilità, percorrono le impervie strade del Continente Nero). Il motore (Fiat 203) che aveva prestazioni record per quegli anni (6 cilindri in linea di 10.676 cc, una potenza di 140 CV a 1.900 giri/minuto) fu sottoposto, nel tempo, a continue migliorie e fu adottato per molti anni dai veicoli di questa fortunata serie: nel 2006 propulsori di tale tipo erano ancora montati su autocarri costruiti in Brasile ed in Australia. Una particolare versione sovralimentata (a cilindri orizzontali per poter essere montata sotto il pavimento), dotata di turbosoffiante Brown Boveri, equipaggiò le automotrici bimotore diesel ALn 668 delle Ferrovie dello Stato Italiane. I Fiat 682 furono prodotti per quasi quarant’anni: alla prima versione N (presentata nel 1952) seguirono la N2 (nel 1955), la N3 (nel 1962) e la N4 (nel 1967) con pesi complessivi variabili tra le 14 e le 44 tonnellate (a seconda della versione e del paese cui il mezzo era destinato). La meccanica del Fiat 682 grazie alla sua versatilità è stata utilizzata anche come base per numerosi e svariati allestimenti, tra cui un modello di autobus, il Fiat 682 RN, disponibile sia nel tipo “di linea” che “granturismo” (diversi carrozzieri si sono cimentati in realizzazioni di questo tipo).
Nel 1959 fu presentata una versione del Fiat 682 N2 con motore sovralimentato da turbosoffiante Schwitzer-Holset azionato dai gas di scarico e denominata 682 N2 S. Questo automezzo, dotato di cabina con porte controvento simile a quella del futuro Fiat 682 N3, pur adottando un propulsore della stessa cilindrata del 682 N2, erogava una potenza massima di 180 CV a 1900 giri/minuto che gli permetteva di raggiungere una velocità massima di 59 km/h a pieno carico e superare (senza rimorchio e con riduttore inserito) pendenze del 42% (anziché del 36% dell’N2). Ricordiamo che già la precedente serie N1 aveva previsto anche una motorizzazione sovralimentata con potenza di 160 CV.
Nel 1962 la serie N2 del Fiat 682 fu sostituita dalla serie N3: questa versione, caratterizzata dalle portiere incernierate controvento e vetri discendenti anziché scorrevoli orizzontalmente, adottava un motore di cilindrata e potenza maggiori (11548 cc, 180 CV e coppia massima di 75 kgm a soli 900 giri/minuto). Le prestazioni, ed in particolare le pendenze superabili, erano migliori di quelle del Fiat 382 N2 S. La serie N4, presentata nel 1967, concluse la fortunata “carriera” di questo autocarro. Le continue evoluzioni e i ripetuti aggiornamenti meccanici consentirono al Fiat 682 di rimanere in produzione, in Nigeria, fino alla soglia degli anni ’90: gli ultimi veicoli fabbricati nel continente africano, denominati 682 BT5, erano equipaggiati con un propulsore che sviluppava 230 CV. Questa serie è stata l’ultima di un modello che per le sue proverbiali doti di robustezza, affidabilità e versatilità ha lasciato un segno nella storia del trasporto su gomma, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo.
L’autoscala che presentiamo in queste pagine è basata sulla meccanica della versione N2 del Fiat 682. Il mezzo, costruito nel 1961, è stato consegnato al Primo Corpo dei Vigili del Fuoco di Roma nel febbraio del 1962. Attualmente il veicolo, perfettamente efficiente, è custodito presso la caserma dei Vigili del Fuoco di Tivoli. Ad occuparsi dell’allestimento è stata la Società Caccialanza di Milano, azienda nata nel 1950 e tuttora attiva nel settore delle attrezzature antincendio e degli impianti di sicurezza. La cabina differisce dal modello base di serie: è notevolmente più lunga, ha quattro porte (le due posteriori controvento) e dietro ai sedili anteriori c’è una panca in legno per ospitare parte dell’equipaggio. Il posto guida è a destra come sui veicoli di serie costruiti per il mercato italiano; davanti al posto anteriore sinistro, sulla plancia, troneggia maestoso il radio-telefono per le comunicazioni. Le porte anteriori sono provviste di deflettori ed i vetri dei finestrini sono a scorrimento orizzontale come nel modello di serie. Il telaio dietro la cabina presenta una carenatura squadrata, con vani chiusi da sportelli incernierati in basso; sulla parte destra si intravvede la sagoma del serbatoio carburante da cui esce il bocchettone per il rifornimento. Alla base di questa particolare carenatura, un predellino per lato, interrotto dai puntoni retrattili, ed un piccolo scalino ancorato sui parafanghi posteriori facilitano l’accesso al piano metallico antiscivolo su cui è posta la scala. Quest’ultima, prodotta dalla Metz, completamente estesa raggiunge la lunghezza di 44 metri ad una inclinazione non inferiore ai 78°; sulla sua base girevole ci sono tutti i dispositivi che consentono di manovrarla e la strumentazione che permette di controllare che il suo uso avvenga entro i limiti di sicurezza per cui è stata progettata. Un potente faro orientabile, sorretto da palo collocato sul lato anteriore sinistro della cabina, permette al mezzo di usufruire di una sorgente di luce autonoma e di poter quindi operare anche in condizioni di illuminazione scarsa.
CATTERISTICHE DEL FIAT 682 N2
Le seguenti caratteristiche del Fiat 682 N2 sono riferite alla versione a due assi con cassone e sono riprese dalla documentazione originale degli anni ’50 che gentilmente ci ha fornito l’Archivio Storico Fiat di Torino.
Il posto guida dell’automezzo era a destra (a sinistra per l’esportazione, ad eccezione per la Gran Bretagna), situato di fianco al motore; i comandi, ben posizionati, consentivano una facile manovrabilità del mezzo. Il motore diesel era stato accuratamente studiato e presentava interessanti innovazioni (ad esempio, la camera di combustione ad alta turbolenza brevettata dalla stessa Fiat) per conseguire un alto rendimento. La potenza massima era elevata per l’epoca (150 CV SAE) e il basso numero di giri (1900 giri/min) conteneva il consumo di carburante e favoriva una lunga durata del motore. Il propulsore era fornito di tre filtri olio di cui uno refrigeratore e di un termostato che permetteva un rapido riscaldamento del motore consentendo di raggiungere automaticamente e velocemente il migliore rendimento. Il cambio, ad otto velocità in avanti e a due in retromarcia (ottenibili con il riduttore), consentiva un’ottimale fluidità di marcia in ogni condizione. Il ponte posteriore era di tipo portante con semialberi soggetti solo a torsione e sfilabili facilmente dall’esterno. La tiranteria dello sterzo era regolabile e permetteva un’accurata registrazione della convergenza delle ruote anteriori garantendo una razionale marcia del veicolo ed assicurando un’usura minima degli pneumatici. Il freno motore, comandato per mezzo di una leva a mano, consentiva frenature di rallentamento e trattenute in discesa: chiudendo il tubo di scarico tramite una farfalla ed eliminando totalmente l’alimentazione del combustibile dalla pompa di iniezione, il motore funzionava come un compressore d’aria trascinato dal veicolo. Il freno motore si disinseriva automaticamente ogni qualvolta si agiva sui pedali della frizione o dell’acceleratore oltreché azionando manualmente un’apposita leva. Il freno a mano era sulla trasmissione mentre i freni pneumatici, su tutte le ruote, erano comandati a pedale. L’impianto era munito di una valvola di protezione per garantire la frenatura anche su un solo asse in caso di avaria. Il compressore, azionato dal motore, riforniva un serbatoio di circa 55 litri di capacità. La pressione normale di esercizio era di 6 atm. Da un apposito rubinetto era possibile prelevare aria compressa per il gonfiaggio degli pneumatici o per altri usi.
Le ruote erano a razze fuse in acciaio; i cerchi in acciaio “Trilex”, in tre pezzi a base larga, garantivano una grande facilità nel montaggio e smontaggio degli pneumatici.
La cabina, spaziosa, molto luminosa e confortevole, era interamente metallica con fondo incorporato nel telaio. Buono era l’isolamento termico ed acustico; l’aerazione era garantita da finestrini a cristalli girevoli posti sulla parte anteriore di ciascuna porta, incernierati posteriormente sul montante e muniti di appositi deflettori. La ventilazione era migliorata, quindi, da prese d’aria poste anteriormente sotto la cintura. Le porte erano, inoltre, provviste di cristalli scorrevoli che, oltre a favorire la circolazione dell’aria, aumentavano la visibilità in manovra. Il parabrezza era dotato internamente di “parasole” orientabili e di tergitori pneumatici a comando unico. L’impianto di riscaldamento per la cabina prevedeva anche un dispositivo antiappannante per il parabrezza. A richiesta la cabina poteva essere dotata di due lettini; Il sedile a fianco del guidatore, scorrevole e reclinabile, era dotato di poggiatesta e braccioli.
Le sponde e le testate del cassone erano completamente metalliche con rivestimento protettivo interno in legno. Il pianale era costituito da robuste traverse metalliche con fondo di perline in legno intercambiabili.
(Questo testo ed il servizio fotografico, realizzati da Marco Appugliese,
sono stati pubblicati sul N°11 del 2014 del perodico epocAuto)
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